Cerchi il punto G?

seduzione

Cerchi il punto G?

Hai aperto questo post perché hai letto il titolo: Cerchi il punto G?

Quindi devo dedurre che oltre trovare questo fantomatico “punto” vuoi anche essere più persuasivo? Carismatico? Seducente?

Allora aspetta un attimo, prima di parlare del punto G, bisogna introdurre  l’argomento “comunicazione”

 

Il punto G è come la felicità. Tutti ne parlano ma pochi sanno cosa sia veramente. E talora lo si trova nel posto in cui non si stava cercando. Share on X

 

Cerchi il punto G?
Foto di Roman Kraft su Unsplash

Ascoltato?
Non credo.

L’esser attenti richiede una postura che faciliti il coinvolgimento, un uso corretto del linguaggio del corpo, un buon contatto visivo, un ambiente che distragga il meno possibile.

Molto viene trasmesso dal modo in cui siamo seduti rispetto a chi parla: ad esempio, se ci troviamo faccia a faccia con il nostro interlocutore, daremo l’idea di essere più interessati piuttosto che trovarci a parlare di profilo.

Dimostreremo di essere più attenti se inclinati leggermente in avanti piuttosto che indietro, o se le mani e le braccia saranno aperte, piuttosto che intrecciate sul corpo.

Oltre alla postura, è bene usare – quando la situazione lo richieda -, un atteggiamento di esortazione, ad esempio “vorresti parlare di più di quest’ultimo argomento?”.

È utile usare anche incoraggiamenti di tipo non verbale come cenni della testa e/o espressioni verbali tipo “capisco”, “vai avanti”, “sì”.
La tabella ci fornisce un’indicazione di come alcuni segnali non verbali possono aiutarci in un colloquio.

segnali non verbaliFonte: Comunicare bene - ediz Psiconline - riproduzione vietata

Sai dov’è il punto G di una donna? Alla fine della parola “shopping”!
Steve Martin 

Feedback non verbali

Se i segnali che riceviamo (feedback non verbali) ci fanno intendere una chiusura da parte del nostro interlocutore, potremo sempre correggere il tiro e calibrare al meglio la nostra comunicazione.

I segnali non verbali devono esser colti immediatamente all’interno di un colloquio, perché sono loro che ci danno le indicazioni necessarie per farci comprendere se stiamo andando verso la direzione giusta.

È inutile continuare a parlare con una persona, se questa ci mostra apertamente segni di chiusura; piuttosto, è meglio cambiare strategia se vogliamo ottenere dei risultati.

La comunicazione non verbale è ormai ampiamente dimostrata ed è talmente insita nell’uomo che non può essere condizionata in nessun modo; quindi è possibile mentire con le parole, ma impossibile mentire con il corpo.

Ecco perché definisco la comunicazione non verbale come una bussola da usare in continuazione nel mare della comunicazione.

Molto spesso si crede che la persuasione si identifichi con la capacità di dare delle motivazioni logiche; in realtà, come ormai abbiamo ben capito, la parte analogica è quella che ha un peso maggiore all’interno di una comunicazione, deve quindi essere lei la componente a cui dobbiamo mirare.

Gli “atti analogici”, comprendono tutti quei gesti e segni inconsci, legati alla gestualità che, non essendo gestita in modo consapevole, avviene senza intervento della parte conscia, rivelando informazioni chiave sulle caratteristiche emotive e comportamentali dei nostri interlocutori.

Le parole possono dire tanto, ma il corpo può modificare, ampliare, cambiare, confermare quello che è stato detto, dando significato al tutto, un significato che solo la comunicazione non verbale permette di decodificare.

 

Per le donne il miglior afrodisiaco sono le parole. Il punto G è nelle loro orecchie.
Chi lo cerca più in basso sta sprecando il suo tempo.

(Isabel Allende)

 

Decodificare i segnali analogici del nostro interlocutore può esser decisivo anche per conoscere la sua opinione in merito a quanto stiamo dicendo.

Ad esempio, il semplice mettere una mano contro la guancia indica che chi ci sta ascoltando mostra interesse per quel che diciamo, ma se la mano regge la testa, vuol dire che il nostro argomento non è più tanto attraente, qualcosa nel suo modo di pensare sta cambiando, infatti il segnale analogico che ci invia è di giudizio negativo nei nostri confronti.

 

Segnali non verbali

Sappiamo che, durante un colloquio, il nostro interlocutore emette dei segnali non verbali – molto spesso si tratta di scarichi emozionali -, che servono a far diminuire quella tensione che si è venuta a creare nel corpo, la quale, tramite questi scarichi emozionali, trova una via di sfogo.

Uno scarico emozionale può essere il pianto, ma anche il riso, deglutire o schiarirsi la voce.

Tra gli scarichi di tensione troviamo tutti i “pruriti” che vengono prodotti dal nostro interlocutore, i quali sono tanto più importanti quanto più raggiungono la zona del naso.

La comunicazione analogica quindi ci rende una testimonianza preziosa del linguaggio dell’inconscio; conoscere la comunicazione non verbale significa conoscere le esigenze emotive dei nostri interlocutori.

È facilmente intuibile che i dati che ci vengono forniti dal linguaggio non verbale sono preziosi per creare subito una buona empatia e per comprendere realmente i bisogni della persona che abbiamo di fronte, cosa di non poco conto, soprattutto nelle fasi di una vendita di un prodotto o di un servizio.

Cerchiamo di codificare i gesti più comuni, in modo da esser preparati a cogliere segnali di gradimento o di rifiuto rispetto a quanto stiamo dicendo, e nel caso calibrare la situazione, correggendo il “tiro”.

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Può anche darsi che il nostro interlocutore non esprima “chiaramente” dei segnali: in questo caso, sta a noi sollecitarlo fornendo opportuni stimoli.

Attraverso questi scarichi di tensione il soggetto ci informa indirettamente e in tempo reale circa la quantità e qualità di tensione che si è venuta a creare nel suo corpo durante la comunicazione.

Qualcuno a questo punto potrebbe dire “Se parlando di un prodotto, noto nel mio interlocutore solo un prurito sopraccigliare, cosa ho ottenuto?”

Niente, rispondo io, hai solo sollecitato uno scarico di tensione, bisogna insistere per verificare se è dovuto a gradimento o repulsione; comunque, è bene continuare su questa strada perché è stato toccato un tasto giusto, peggio sarebbe stato non ricevere alcun segnale.

Ricordiamoci che non esiste la non-comunicazione, di conseguenza qualsiasi stimolazione non è mai neutra, comunque coinvolge il nostro inconscio, che sia in positivo o in negativo.

L’amore ci fa vivere forti emozioni, ma anche l’odio.

Lo stesso possiamo dire per il senso di colpa, ma anche per il risentimento. In positivo o in negativo comunque, il nostro inconscio viene coinvolto.

 

Come possiamo usare i segnali di gradimento?

In un colloquio, ogni segnale di gradimento che ci viene “offerto” dal nostro interlocutore ci indica che l’argomento che stiamo trattando è coinvolgente e ce ne possiamo servire per creare subito una certa empatia.

La cosa importante è riuscire cogliere il momento in cui l’altro emette questi segnali.

bacio analogico
fonte: Comunicare bene, la comunicazione come forma mentis – di fabio Pandiscia – Ediz Psiconline – Riproduzione Vietata

Ad esempio, se un nostro cliente esprime un “bacio analogico” come nella foto a lato, guardando una pubblicità di una crociera, registriamo il segnale di gradimento che ci viene dato ed elaboriamo una risposta adeguata per creare rapport; ad esempio potremo dirgli: “Non vedo l’ora di organizzarmi una vacanza, mi è sempre piaciuto il mare”.

Probabilmente ci risponderà che stava pensando la stessa cosa, oppure che desidera da tempo comprarsi una barca… basterà fare qualche domanda in più, per conoscere qual è l’associazione esatta che ha fatto scaturire quel “bacio” analogico e continuare ad insistere sull’argomento.

Una frase del tipo “È rilassante una crociera, non è vero?” creerà subito empatia.

Ricordo che, durante la vendita di un pacchetto di formazione ad un cliente, ho notato un bacio analogico sulla parola pesca, ho continuato ad usare un paio di volte la parola pesca e abbiamo finito con il parlare per due ore di tecniche di pesca.

Solo gli ultimi 15 minuti abbiamo parlato del pacchetto formativo per la sua azienda, eravamo entrati talmente in sintonia che il contratto è stato firmato lo stesso giorno.

Facciamo un altro esempio per render più chiaro il tutto, poi parleremo anche del punto G, come da titolo.

Poniamo il caso di essere dei venditori di auto: se con un cliente otteniamo un prurito ad una mano quando durante una conversazione pronunciamo la parola “indipendenza”, notiamo l’informazione che ci è stata data, e ne deduciamo che probabilmente la parola “indipendenza” in qualche maniera per lui è significativa.

Di certo non sappiamo ancora molto, può esser che desidera più indipendenza, o forse qualcuno in questo momento gliela sta negando, o forse si riferisce ai figli che in questo momento gli creano problemi perché si sentono fin troppo indipendenti…

Vogliamo saperne di più, quindi continuiamo a stimolare analogicamente il nostro cliente insistendo su questo terreno, magari usando altre frasi del tipo: “avere un’auto oggi significa molto, rende certamente più indipendenti…”, oppure, “la garanzia è indipendente dal chilometraggio..” e andremo a verificare se emetterà dei segnali dopo queste parole chiave.

Una volta verificata la parola chiave, che fa vivere dei forti segnali emotivi, sarà meglio usare delle frasi che evochino in modo esplicito tale argomento, ad esempio: “Non crede che l’acquisto di quest’auto sia un modo per lei per marcare la propria autonomia e indipendenza?”

I segnali di gradimento esprimono una tensione diretta, positiva, chi ci mostra dei segnali di gradimento all’interno di un colloquio ci indica chiaramente un suo desiderio che in quel momento non sente soddisfatto.

La pubblicità oggi funziona proprio in questo modo: quante volte la vendita di un auto che in particolare è rivolta ai giovani, è accompagnata dall’immagine di belle ragazze o da gruppi di amici che si stanno divertendo?
Quasi sempre!

Come a voler sottolineare che, acquistando quel prodotto, si può soddisfare anche il desiderio di divertirsi insieme, oppure conquistare belle ragazze, ecc.

 

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Ma cosa hanno a che fare queste cose, con il prodotto in questione?

Praticamente nulla dal punto di vista logico, ma soddisfano la nostra parte analogica, facendo vivere delle emozioni al probabile acquirente.

Non dimentichiamoci che tutto il corpo “parla”, quindi non solo i pruriti, ma anche l’atteggiamento può fornirci delle informazioni preziose: l’attenzione che una persona mostra in una situazione di ascolto si può quindi intuire dalla postura del corpo.

linguino
Fonte: Comunicare bene, la comunicazione come forma mentis, di fabio Pandiscia – ediz. Psiconline – Riproduz. Vietata

Andare indietro con il corpo ad esempio, esprime un segnale di rifiuto o di allontanamento; al contrario, protrarsi in avanti generalmente indica interesse.

Un altro segno di gradimento sempre legato alle labbra – oltre al “bacio” analogico – è il “linguino”, anche esso è un indicatore di gradimento verso la persona, l’argomento trattato o la situazione.

Rimanendo nella zona della bocca a volte possiamo notare un certo mordicchiamento delle labbra, che generalmente sta a significare: “interessante, mi piacerebbe.. ma non posso”.

Vediamo un po’ più a fondo i più comuni segnali di gradimento che un interlocutore può esprimerci.

Innanzitutto, come abbiamo detto, il “bacio” analogico o anche il linguino rappresentano i più intensi segnali di gradimento esprimibili, ma anche la pressione della lingua nella zona maxillo–facciale, accarezzarsi le labbra, o anche la suzione di una o più dita, sono forti segnali di gradimento.

Non restiamo comunque solo nella zona viso; può capitare anche che il nostro o la nostra interlocutrice giocherelli con qualche oggetto, come ad esempio un anello.

Sono segnali importanti perché possono esprimere più di un significato: infatti, se l’anello o il bracciale è solo girato (non sfilato) nel dito o nel braccio, sta a significare una carenza di affetto, ma se l’anello o il bracciale subisce un movimento “sfila/infila”, ha chiaramente un significato legato alla sfera sessuale; comunque sia, il giocherellare con oggetti di questo tipo ci indica sempre che abbiamo suscitato un segno di interesse per l’argomento che stiamo trattando, per la situazione che si è venuta a creare o anche per noi stessi.

La variazione del corpo in avanti e lo spostare gli oggetti verso il proprio corpo, sono anch’essi indice di gradimento, come lo è anche l’inserirsi un dito nell’orecchio ed effettuare un leggero massaggio.

Più la mano è vicina all’orecchio, più è amplificato il desiderio sessuale che la situazione ha creato: possiamo dire che infilare un dito nella zona auricolare può rappresentare il grado massimo di espressione di questo movimento analogico.

Attenzione come sempre al contesto, perché possiamo trovarci davanti ad un soggetto sofferente di qualche allergia che, come spesso accade, crea dei pruriti nella zona della bocca o anche dell’orecchio e questo può falsare tutto il contenuto analogico del gesto.

Esistono dei gesti che colpiscono per la loro validità universale, in tutte le parti della Terra così come in tutte le culture, all’indecisione e all’imbarazzo si accompagnano spesso movimenti della mano verso il naso o verso i capelli.

Tra questi gesti alcuni sono particolarmente comuni come grattarsi la nuca, lisciarsi la barba o ravvivarsi i capelli, ma è nella regione del naso che avvengono i più importanti segni di interesse.

Se la persona che abbiamo davanti si gratta il naso mentre affrontiamo un particolare discorso, con molta probabilità essa nutre un particolare interesse per l’argomento in questione.

 


Vuoi approfondire i segnali di gradimento?

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Come mai è proprio il naso ad indicare un grande interesse per qualcosa?

Le ragioni sono antiche, basti pensare che molti animali fiutano il cibo attraverso il naso.

È infatti l’olfatto, più che la vista, il senso dedicato all’interesse (non a caso è di uso comune l’espressione “ho fiutato qualcosa di interessante”).

In pratica succede che, quando concentriamo il nostro interesse su qualcosa in particolare, il nostro olfatto si predispone all’“ascolto” e il sangue affluisce di più a livello nasale, spesso causando pruriti; inoltre il naso è maggiormente collegato alla zona del cervello che governa le emozioni.

Per questa ragione possiamo considerare (da un punto di vista esteriore) il “grattarsi il naso” come segno di interesse.

Ma attenzione, se mentre parliamo con il nostro interlocutore questo si strofina il naso in modo orizzontale o verticale vuol dire che ci sta mentendo.

 

Segnali di rifiuto

Come abbiamo detto anche i segnali di rifiuto devono esser interpretati e sfruttati a nostro favore, magari per calibrare al meglio la nostra comunicazione.

Il rifiuto esprime di solito una tensione negativa: se sulla parola “vacanza” il nostro interlocutore esprime uno strofinamento del naso, potremo interpretare questo come segnale di un qualcosa di sgradito alla sua parte emotiva.

Forse dentro di sé, elaborando la parola vacanza, si è subito reso conto di avere qualche impedimento che non gli permette di partire (mancanza di soldi, troppo lavoro, impegni o scadenze impellenti, ecc.).

I segnali più comuni di rifiuto li troviamo nei seguenti gesti:

  • “spolverare” o “spazzar via”, tipico di una persona che non condivide opinioni o atteggiamenti altrui e non desidera esporsi. Il fingere di togliere qualcosa dai vestiti denota un’opinione nascosta, un sentimento represso che non si desidera esprimere.
  • mani sui fianchi o incrociate Le mani sui fianchi, in particolare, ci fanno sentire più imponenti, infatti in questa posizione occupiamo anche maggior spazio.
  • gambe accavallate.
  • spostamenti del capo o del corpo all’indietro, allontanamenti degli oggetti dal proprio corpo.
  • sfregamento della punta del naso con il dito indice mosso in modo verticale più volte, da basso verso l’alto.

 

Come possiamo utilizzare i segnali di rifiuto?

Un volta ricevuto un segnale di rifiuto, non possiamo certo amplificare l’argomento come invece facciamo con i segnali di gradimento (a meno che non vogliamo produrre un allontanamento del soggetto).

Se andremo ad accentuare la parola chiave che ha fatto scaturire il rifiuto, andremo ad aumentare lo stato di negatività, finché l’altro alla fine non ci rifiuterà come interlocutori.

È bene cogliere questi segnali per cambiare argomento, cioè cambiare tipo di stimolazione.

Riprendendo l’esempio precedente della vacanza, potremmo dire: “Ma non ti è mai capitato di sentire l’esigenza di prenderti un po’ di relax?
Che ne pensi ogni tanto di una vacanza?”

Il segreto per una buona comunicazione è nella nostra capacità di essere camaleonti, assumere cioè il comportamento adatto per entrare in relazione con il nostro interlocutore.

Studiando il suo linguaggio non verbale cominciamo a capire come possiamo muoverci per poter coinvolgere la sua parte emotiva.

Se abbiamo davanti a noi una persona con gli occhiali possiamo dirci fortunati, perché gli occhiali possono garantirci quel feedback in più, quel segnale analogico in più che ci può aiutare in una comunicazione.

Se siamo noi ad averli invece, sfruttiamoli a nostro vantaggio per cercare di attirare l’interesse del nostro interlocutore; quando parliamo è utile toglierli, e rimetterli quando ascoltiamo.

Forse noi in alcuni momenti non vedremo nulla, ma di certo il nostro interlocutore vedrà il nostro viso e questo segnale che inviamo, dimostra interesse nei suoi confronti.

Venire guardati da sopra gli occhiali genera emozioni negative, fa sentire giudicati, studiati, scrutati ed è normale, in questi casi, che chi è guardato attui comportamenti difensivi.

A seguito di questi segnali di rifiuto è bene calibrare la nostra discussione, portandola su altri piani, altrimenti il nostro interlocutore può togliersi definitivamente i suoi occhiali e riporli: vuol dire che ha chiuso con noi ogni canale comunicativo, in pratica ha già preso una decisione e noi non possiamo più farci nulla.

Una volta decodificato il non verbale, se siamo indecisi su come procedere (soprattutto se applichiamo queste conoscenze per la prima volta) possiamo sempre testare l’andamento della nostra comunicazione avviando opportune fasi di verifica.

 

La ferita provocata da una parola non guarisce - Proverbio africano Share on X

 


Vuoi approfondire i segnali di rifiuto e chiusura?

Allora ascolta la puntata su Telegram

 


Riassumendo

Abbiamo visto che tra i segnali di verifica ci sono i gesti di gradimento e rifiuto, ma anche quando l’interlocutore spontaneamente ci parla dei sui turbamenti è un importante segnale di verifica.

Verifiche ancor più importanti avvengono quando il nostro interlocutore ci fa delle gratificazioni spontanee, cioè senza richiesta specifica da parte nostra, oppure quando si pone in modo complementare nei nostri confronti.

Ora che conosciamo il significato dei segnali analogici per quanto riguarda il gradimento e il rifiuto, può sorgere la domanda “È possibile simulare un gradimento o un rifiuto senza essere scoperti? In altre parole, è possibile imparare a mentire?”.

Sono rimasti celebri degli esperimenti condotti in America da D. Morris al fine di studiare la gestualità inconscia del corpo durante una situazione di stress causata dall’essere obbligati a mentire.

Cerchi il punto G?
Foto di Ani Kolleshi su Unsplash

L’esperimento riguardava alcune infermiere alle quali era stato chiesto di assistere ad alcuni filmati e poi esporre quello che avevano visto dicendo a volte il vero, a volte il falso.

La motivazione che era stata data alle infermiere era che imparare a mentire ai pazienti molto gravi, poteva servire a rassicurarli sul loro stato di salute.

I risultati hanno rivelato che quando le infermiere mentivano, i loro gesti erano molto più lenti del solito, come se inconsciamente sapessero che la gestualità poteva tradirle, quindi cercavano di controllarla maggiormente.

Avvicinavano anche molto le mani al viso, oppure lo toccavano molto più di frequente ed esprimevano una certa irrequietezza se erano sedute, come se fossero sempre “sulle spine”, compiendo di frequente piccoli movimenti irrequieti sulla sedia.

Per quanto riguarda la mimica del volto, questi studi hanno riportato che non c’era differenza tra il mentire e dire la verità, anche se apparivano delle piccole e rapide contrazioni dei muscoli facciali, quasi dei micro segnali impercettibili.

Tra i gesti più comunemente usati per mentire troviamo la mano sulla bocca.

Adottiamo questa posizione a volte solo con le dita o solo con il pugno appoggiato vicino le labbra, ma il senso non cambia, è come se il nostro cervello volesse bloccare, con questo gesto, l’uscita delle parole.

 

Le parole hanno il potere di distruggere e di creare. Quando le parole sono sincere e gentili possono cambiare il mondo.
(Buddha)

 

È avvincente notare che la parola non è utile esclusivamente per il suo significato informativo, ma per la carica emotiva che contiene, cosa essenziale per poter effettuare una buona comunicazione intrapsichica.

Abbiamo visto che, anche senza l’uso della parola, l’uomo può comunque comunicare con il mondo, esprimendo con posture ed emozioni tutta una gamma di emozioni: frustrazioni, desideri, gradimenti, intenzioni, rifiuti, ecc.

 

Le medesime parole proferite da bocche diverse acquistano significati differenti, persino antitetici.
(Alessandro Morandotti)

 

Si tratta di un linguaggio puro, non influenzato dal substrato sociale dal quale proveniamo e che condiziona in genere le nostre azioni ed il nostro comportamento.

Famosi sono gli studi in questo campo di Ekman e Friesen: questi ricercatori hanno condotto studi transculturali in Nuova Guinea per dimostrare la base innata delle emozioni – comune a tutti gli esseri umani – e l’esistenza di una base culturale influenzata da regole di esibizione che variano a seconda del contesto socio-culturale.

Ekman e Friesen tentarono di dirimere la questione sull’innatismo delle espressioni, formulando un modello “neuro-culturale dell’espressione” denominato FACS.

La ricerca in Nuova Guinea fu effettuata su soggetti primitivi, nonché privi di mezzi di comunicazione come giornali, cinema, tv. Tali individui non potevano dunque avere accesso ad alcuna fonte di informazione sulle espressioni convenzionali utilizzate dagli occidentali.

Ai soggetti venivano raccontate brevi storie e si chiedeva loro in seguito, presentando delle foto, di scegliere l’emozione più appropriata per quella storia.

I soggetti, riproducendo visivamente le emozioni, davano una risposta fisica quasi identica ai soggetti occidentali; in particolare, Ekman ha osservato una concordanza d’opinione nella maggioranza dei soggetti in 20 Paesi su 21 per quanto riguarda le espressioni di sorpresa, in 19 su 21 per quelle che riguardano la paura e 18 su 21 per le espressioni di rabbia.

Ekman e Friesen hanno sempre sostenuto la tesi di Darwin in ordine ai gesti innati, cioè che ogni cultura usa la stessa mimica facciale per fare conoscere i propri stati emozionali, il che ha indotto anche questi studiosi a concludere che le espressioni delle emozioni siano innate.

Le differenze culturali sono molte, ma il linguaggio del corpo è pressoché uguale in ogni Paese.

Possiamo allora riflettere sul perché, quando viaggiamo in Paesi stranieri di cui non conosciamo la lingua, usiamo molto di più il linguaggio non verbale, allo scopo di farci comprendere.

Possiamo ora renderci conto di quanto siano importanti le funzioni della comunicazione analogica, perché coinvolgono principalmente le emozioni, ma anche gli atteggiamenti interpersonali e i dati sulla personalità.

L’immagine che ognuno ha di sé proviene da una combinazione di elementi che prendono forma in base alle risposte che riceviamo dagli altri.

 

Nell’oscurità le parole pesano il doppio - Elias Canetti Share on X

 

I feedback che riceviamo ci fanno capire l’importanza del rapporto interattivo con gli altri; il modo con il quale veniamo trattati modifica la stima che abbiamo di noi, e conseguentemente si modificano i nostri comportamenti e le nostre risposte.

Anche i comportamenti non intenzionali (sesso, età, razza), insieme a quelli intenzionali (abiti, atteggiamenti, ornamenti) possono essere in qualche modo manipolati e strutturati in una sorta di “presentazione del sé”, che rende l’idea di come il soggetto percepisce sé stesso e di come vuole presentarsi al mondo.

 

 Il punto G è nelle loro orecchie. Chi lo cerca più in basso sta sprecando il suo tempo - I. Allende Share on X

Ora ti starai chiedendo, ma il punto G che hai messo nel titolo, come lo trovo?

Il famoso punto G ha guidato la tua motivazione analogica a leggere tutto il post.
Parlare del punto G, è la conferma che la valenza emotiva ha avuto, ancora una volta,  la meglio sulla tua parte razionale.

Dopotutto è sempre stato cosi, sia per l’uomo che per la donna.
Siamo guidati dalle emozioni, ci nutriamo di emozioni, e non possiamo farci nulla. Vuoi essere più persuasivo/a? Carismatico/a?
Ascolta il linguaggio del corpo del tuo interlocutore, mostra empatia, dai voce alle sue emozioni…. e avrai trovato il suo punto G.


Se sei arrivato fin qui grazie al post pubblicato qui sotto, su vari social,
allora significa che sono stato talmente subdolo da costringere la tua mente a farlo (con o senza punto G)

 

Se vuoi approfondire l’argomento, ti aspetto al nostro prossimo corso sul linguaggio del corpo,
chiama gratis il numero verde 800 032 882 oppure scrivi a info@formaementis.net

 

Avrò il piacere di seguirti di persona durante tutto il percorso della durata di 2 giorni (full immersion), per questo ho scelto il numero chiuso, massimo 10 persone.

La rifrequenza è sempre gratuita – Attestato finale

 

 

Con affetto, Fabio.


 

 

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Comunicare bene

Tutta la bibliografia riportata in questo articolo la puoi trovare nel mio libro “Comunicare bene, la comunicazione come forma mentis“, dal quale è stato tratto questo post. Si, parliamo anche del punto G, ma non come credi tu.

Questo libro tratta la comunicazione verbale e non verbale, il linguaggio del corpo e l’ascolto empatico all’interno di una corretta comunicazione, (non si parla solo del punto G)

Partendo dall’approccio iniziale, seguendo passo per passo le dinamiche di un rapporto di comunicazione – che si tratti di rapporti di lavoro o relazioni informali – vengono presentate le principali strategie, proprie della PNL, della Gestalt e dell’Analisi Transazionale, per comunicare nel modo più efficace ed evitare gli errori più comuni, che spesso rendono difficile entrare in sintonia con i nostri interlocutori.

“Non si può non comunicare” nel gioco della vita ed apprendere le tecniche di comunicazione è possibile, al pari di ogni altra capacità, ma per farlo è necessario sviluppare uno specifico atteggiamento mentale. E’ proprio questo approccio che differenzia questo libro dai tanti altri sul tema della comunicazione.

 


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