La comunicazione non verbale. Gesti e scarichi di tensione
Come possiamo individuare in una comunicazione non verbale i gesti e gli scarichi di tensione?
Ne parleremo in questo articolo, ma prima dobbiamo tornare indietro di qualche migliaio di anni.
I gesti che tratteremo derivano dal nostro recentissimo passato (in termini geologici) come animali.
Non siamo nati con un linguaggio ben strutturato e in un mondo il cui rischio peggiore era perdere il bus o stare in un palazzo senza campo per il cellulare.
Ci siamo evoluti in un pianeta piuttosto selvaggio e dove i riflessi e i muscoli contavano molto più del senso dell’umorismo e dell’abilità matematica.
La natura ha fornito i mammiferi dotati di un cervello molto complesso, come i primati (e quindi anche noi umani) di una zona specifica, l’amigdala, che serve proprio a poter reagire in modo più rapido e immediato possibile di fronte a una minaccia sconosciuta.
Ciò è ottimo per schivare gli artigli di un leone, meno utile se siamo in una stanza affollata con qualcuno che ci sta facendo delle domande spiacevoli.
Infatti, questa nostra parte istintiva non è fatta per distinguere queste “piccole” differenze: c’è un pericolo in atto, una situazione spiacevole, e bisogna reagire!
Quando si reagisce, però, non si “dosa” quel che facciamo, ma lo si fa con la massima intensità possibile.
Se ci sta cadendo una tegola in testa, non ci spostiamo di circa 10 cm per schivarla del giusto tanto, ma facciamo almeno un passo indietro, se non abbiamo il tempo per scansarci di più.
Insomma: l’amigdala ci spinge a reagire al massimo di fronte a qualsiasi minaccia, sia essa reale (come una tegola, appunto) sia figurata (come una bocciatura a un colloquio).
È molto importante considerare il tempo di reazione allo stimolo.
Infatti, da quando il cervello coglie qualcosa (un suono, una parola, una figura, un’immagine, un volto, un oggetto eccetera) alla reazione dell’amigdala con relativo gesto, passa appena un secondo.
Le nostre reazioni devono essere istantanee, altrimenti non servirebbero, e il corpo ha pochissimo tempo per essere “in disaccordo” con il cervello!
Se quindi noti qualcosa, fai bene attenzione alla tempistica: se è appena successo, è legato a qualcosa in quell’istante.
Non puoi, ad esempio, collegare un gesto di rifiuto a qualcosa detto qualche minuto prima.
Sappiamo che può suonare banale, ma è un errore comune!
Concentrati su quel che noti momento per momento.
Ricorda bene questo punto: la reazione è di un secondo, non di più!
Basta, talvolta, davvero poco per far scattare il nostro istinto!
Da ciò deriva il fatto che è impossibile controllare ogni nostro movimento e ogni reazione, perché sono troppi e con troppe possibilità diverse.
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I gesti
Bene, quindi eccoci al cuore del problema: se hai già letto qualche libro sulla comunicazione non verbale o mi segui da qualche anno, sai come comunicare, hai l’atteggiamento giusto, e hai capito che ogni cosa che fai sarà registrata dagli altri.
Rimane una cosa, da fare: capire i gesti, ovvero il linguaggio non verbale che fai e che, soprattutto, gli altri fanno verso di te.
Per prima cosa, ti informo che quelli di cui discuteremo ora sono i gesti inconsci, cioè quelli che, rispondendo all’amigdala, sono legati alle emozioni e solo ad esse.
Tutti i gesti che illustreremo in questo post non sono fatti con la precisa volontà di dare un messaggio, anzi, spesso vorremmo essere in grado di controllarli meglio.
Sono universali, cioè usati allo stesso modo in tutte le parti del mondo, e ovunque hanno lo stesso significato nascosto.
Chi incrocia le braccia, sia messicano, indiano, turco o lappone, comunica la stessa cosa.
È però vero che alcune culture limitano ed esaltano alcuni di questi.
L’esempio più semplice è il sorriso: in alcune culture, come la giapponese, o la mediorientale, è considerato volgare per una donna sorridere mostrando i denti in pubblico, ma torniamo adesso ai gesti involontari in generale.
N.B.: a metà strada stanno quelli che si definiscono emblemi, cioè dei gesti che fanno parte della nostra cultura ma che facciamo senza rendercene conto.
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Bene, per prima cosa cominciamo con il suddividere i vari gesti in tre grandi, principali categorie, in base a ciò che li scatena: segnali di gradimento, tensione e rifiuto.
segnali di gradimento
sono dei feedback che ci dicono che stiamo andando bene, l’altra persona è d’accordo con noi, o è interessata comunque a quel che diciamo.
Si suddividono a loro volta in:
– piacere – vero e proprio gradimento
– interesse – quando vuoi saperne di più sulla questione
– apertura – quando cambi atteggiamento verso qualcuno, e dalla tensione o dal rifiuto cambi all’apertura
segnali di tensione
le cose non vanno bene, c’è qualche elemento che genera stress nel nostro interlocutore!
Questi segnali sono un campanello d’allarme piuttosto serio, perché se ci sono le cose stanno andando in direzione contraria al nostro scopo.
Stai bene attento quando li noti, e cerca di cambiare qualcosa, come l’argomento, o la situazione, se possibile
segnali di rifiuto
male, male, male. L’altro ti sta dando un feedback molto evidente: non gli piaci tu o quel che dici.
C’è qualcosa che non va, quindi l’unica soluzione qui è smettere di parlare di quella cosa o in quel modo, e cercare di capire cosa c’è che non va.
Ma attento: questi segnali sono importantissimi, infatti grazie ad essi puoi evitare di andare dal male al disastro, e cambiare argomento prima che sia troppo tardi
SCARICO TENSIONALE
Già il titolo è misterioso di suo: cosa è uno scarico tensionale?
Con questo termine si indica un gesto, un cenno, un movimento e in genere una contrazione muscolare che non ha uno scopo specifico identificato, ma che allevia lo stress.
Ovvero, qualcosa che facciamo per sentirci a nostro agio.
La forma più istintiva e conosciuta di tali movimenti è il prurito.
Il motivo per cui il cervello ordina al corpo una contrazione muscolare è di alleviare lo stress!
E anche questa funzione non è casuale, difatti, più il prurito è nell’area della testa, maggiore sarà lo stress da scaricare.
Torniamo ora all’amigdala.
Per segnalare che c’è una tensione crescente, cerca di fuggire, ma non potendo farlo (per esempio, se siamo sotto esame o al lavoro) ciò che “passa” all’esterno è un segnale di scarico.
Il più comune, abbiamo detto, è il prurito, seguito da tantissimi altri segnali di tensione che analizzeremo uno per uno.
N.B.: è sempre meglio specificare che ci sono dei casi in cui lo stress non c’entra per nulla con il prurito, ovvero:
- cause esterne, come punture d’insetto, animali e piante urticanti pianta
- irritazioni come allergie, ustioni, brufoli
- vestiti che sfregano
- malattie come varicella, scabbia, dermatite
In questi casi, quindi, la persona non si gratta per scaricare lo stress, ma perché sente un forte prurito dovuto a cause fisiologiche particolari.
Non ci interessa né ci riguarda trattarle.
Sappi però che, se si escludono queste cause, in tutti gli altri casi il prurito ha come scopo di ridurre lo stress.
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Ma perché il prurito?
Anche se può sembrare strano, è perché è quasi impossibile non notare qualcuno che si gratta.
Il prurito è fastidioso, fino a quando non lo alleviamo, e in quel caso diventa piuttosto piacevole, o quantomeno ci da sollievo.
Ricorda che lo scopo della comunicazione è proprio far sapere agli altri cosa stiamo pensando o provando, quindi un segnale anti-stress invisibile non avrebbe senso: gli altri devono sapere che siamo a disagio, in modo (in teoria) di aiutarci.
Questo sistema ancora una volta era molto utile per i nostri remoti antenati, che vivevano in piccole comunità, dove la collaborazione era il cardine di tutto.
Nelle nostre megalopoli invece, dove ognuno cerca di approfittarsi delle debolezze altrui, avere un prurito e soprattutto comunicare all’esterno che siamo in imbarazzo o sotto stress è controproducente.
Dicevamo che il prurito allevia lo stress e che deve essere comprensibile a tutti.
Ne consegue che, maggiore è il fastidio, più diventa facile per gli altri coglierlo, se si concentra sul volto.
Un prurito sul naso, o sul mento, si nota sempre dalla nostra reazione, e ha un significato molto esplicito (anche se oggi abbiamo dimenticato qual è).
Quindi, grattarsi il naso ha uno scopo, grattarsi un orecchio un altro, e così via.
SIGNIFICATO DEI SEGNALI NON VERBALI
Una doverosa nota iniziale: non esiste un segnale univoco, certo, assoluto che significhi solo, sempre e comunque qualcosa di inequivocabile.
Ogni gesto, anche quello più evidente come il grattarsi il naso o il sorriso, ha decine di significati, a seconda del contesto. È molto importante considerare quelli che si chiamano riverberi gestuali, cioè i segnali di conferma.
Facciamo un esempio: qualcuno ci sorride amichevole, ma impugna un grosso coltello insanguinato ed ha uno sguardo folle.
Il sorriso è un segnale di gradimento, ma non ci vuole un addestramento speciale per capire che quel tale non è per nulla nostro amico!
Questo perché gli altri segnali (sguardo, arma insanguinata) erano in contrasto con quello positivo, e il nostro cervello, che sa analizzare molto più di quanto siamo consapevoli, capisce subito che qualcosa non va come dovrebbe.
Questo è un esempio estremo, e l’ho fatto apposta per farti capire che le cose sono un po’ più complesse di come appaiono in televisione.
Eppure, conoscendo i singoli gesti e i loro significati multipli, potrai combinarli più in fretta di quanto ora immagini.
Lo sai già fare in realtà, perché è scritto nel tuo codice genetico: ogni essere umano normodotato è in grado di comprendere e ricordare questi gesti, e lo fa già, anche se l’educazione e la cultura spesso insegnano a non farlo.
Quindi, quando osservi qualcuno devi tenere d’occhio e fare attenzione non solo alle sue mani, ai suoi piedi o ai suoi occhi, ma un po’ a tutto.
Ora può sembrarti un pochino complesso, è normale, ma ripetiamo che la tua mente è impostata per farlo a istinto, come per camminare e parlare.
Ti manca solo la pratica a farlo, e basta davvero poco, molto meno di quanto pensi!
Una volta che ti sarai ben impadronito della tecnica, sarai a un ottimo punto per realizzare una comunicazione precisa ed efficace.
Più lo stimolo ci colpisce a livello emotivo, maggiore sarà la reazione che faremo.
Per esempio, se qualcosa non ci piace molto, magari faremo un piccolo movimento con le labbra o le narici che indica disprezzo.
Ma se qualcosa ci provoca ribrezzo e orrore, è probabile che ci lasceremo andare molto di più, facendo anche un passo indietro, se necessario.
Oltre a ciò, ricorda che il corpo non riceve lo stesso controllo in ogni sua parte.
Ebbene sì: le parti che comunicano “di più” sono quelle più regolate, proprio perché sono quelle di cui siamo più consapevoli.
Ciò significa che le parti che comunicano meno sono anche quelle su cui non abbiamo un controllo totale, il che, ironia della sorte, le rende più affidabili e “leggibili”.
Il vero castigo per chi mente non è di non essere più creduto, ma di non potere credere a nessuno.
GEORGE BERNARD SHAW
Il controllo diminuisce man mano che si scende dalla testa.
Sulla faccia e mano il nostro controllo è massimo (anche se non del tutto perfetto), mentre è minimo verso i piedi.
Questo vuol dire che, se ti chiedo in quest’istante che espressione sta assumendo il tuo viso potrai dirlo in un attimo: concentrato, sorridente, triste, allegro.
Mentre se ti chiedo in che posizione sono i tuoi piedi, hai bisogno di controllare o di pensarci un attimo per verificare se sono puntati nella stessa direzione, vicini, sovrapposti ecc.
Se vuoi sapere cosa l’altro sta pensando, è più facile che ci riuscirai osservandogli i piedi piuttosto che la faccia.
Se vuoi sapere cosa l’altro sta pensando, è più facile che ci riuscirai osservandogli i piedi piuttosto che la faccia
Tutti impariamo a mentire e a fare espressioni false fin dalla più tenera età (pare che già a 4 mesi i bambini imparino a sorridere “mentendo”, cioè per far piacere agli adulti, e non quando sono contenti), ma nessuno ci insegna o ci spinge a mentire con i piedi e il corpo.
Abbiamo già parlato di queste cose in una passata newsletter, se non ti ricordi vai a sbirciare in qualche vecchia email che hai ricevuto.
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GAMBE e PIEDI
Questa parte è la più importante, soprattutto quando si è seduti.
Infatti in questo caso, i piedi in particolare sono in grado di muoversi senza dover reggere il peso di tutto il corpo, e possono così esprimere quel che la persona sta provando in quel momento.
È dimostrato in modo scientifico che quando qualcuno mente muove molto la parte inferiore del corpo.
È anche uno dei motivi per cui, alcuni dirigenti scaltri, fanno le trattative con un tavolo di cristallo, che permette di tenere sotto gli occhi piedi e gambe altrui.
Se osservi i piedi puoi capire subito chi comanda e chi no in un gruppo, e anche chi è accettato e chi no.
Se vuoi approfondire l’argomento, ti aspetto al mio prossimo corso sul linguaggio del corpo,
chiama gratis il numero verde 800 032 882 oppure scrivi a info@formaementis.netAvrò il piacere di seguirti di persona durante tutto il percorso della durata di 2 giorni (full immersion), per questo ho scelto il numero chiuso, massimo 10 persone.
La rifrequenza è sempre gratuita – Attestato finale
Con affetto, Fabio.
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